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giovedì 3 agosto 2023

Quello che sappiamo e quello che non sappiamo

 

Partito da una città del Sud o delle Isole

luoghi quelli in cui il lavoro

quasi mai è diritto, troppo spesso è regalo o privilegio

e dove per essere onesto devi esserlo molto di più

e per restarlo devi essere duro

molto più dei duri.


Partito con un sogno di rock appena addolcito dal roll,

ma quello che non sai è che andava a Bologna

e che lei andava nella stessa città,

lei che aveva conosciuto su una spiaggia

vicina ad una mare su cui il sole splende come il sorriso di Dio,

ma vicina quella spiaggia anche ad una terra

rovinata dal ghigno del Diavolo.


Quello che non sai, amico mio, è che lei

era partita da un paesino del Nord

per andare a studiare arte a Bologna.

Quello che non sai, amico mio, è che quasi tutti

le dicevano che era pazza

quando parlava di alberi che di notte camminavano,

di stelle che piangevano di nascosto

e quando dava un nome sempre diverso

a tutte le radici a tutti i sassi e ad ogni filo d'erba

che calpestava scusandosi con un triste sorriso.


Lei partì all'alba del primo giorno d'agosto

ed il treno correva,

ma non veloce quanto i pensieri della nuova vita

che certo avrebbe gustato in quell'antica e grande città,

non veloce quel treno quanto le sue speranze di giovane donna

solo un po' venate di paura.


Quello che non sai, amico mio, è che

si videro alla breve e struggente distanza

che separava lui e lei dalla corsa

verso un bacio ed un abbraccio di fuoco che

non poterono darsi,

perché la bomba fascista esplose

trasformando la stazione della città

in terribile carnaio, orribile Inferno e mattatoio

che ancora uccide e strazia.


Quello che non sappiamo è chi ordinò la strage

e finché non avremo nomi e motivi

quei morti vagheranno per la stazione

continueranno a morire ogni giorno ed ogni giorno ancora

chiedendo una giustizia non fatta di cordoglio dal taglio di impeccabile sartoria

mentre continua la moria degli innocenti fatti a pezzi a Bologna, quel 2 agosto del 1980.

Quello che sappiamo è che lui e lei si sono ritrovati

perché certo, c'è vita oltre questa,

quello che sappiamo è che ora sono tristemente felici

perché cari amici e care amiche,

l'amore diventa aspro e quasi una falsa gioia

quando vite innocenti siano state offese

come in quella stazione di un agosto ormai lontano,

ma che continua, continua e non smette ancora ed ancora di bruciare.



martedì 25 aprile 2023

Su via Rasella e sulle Fosse Ardeatine

 

Il 23 marzo del 1944 la Resistenza romana attaccò ed uccise 33 membri del 3° battaglione di polizia SS Bozen.

In seguito a questo attacco i nazisti stabilirono, contro qualsiasi legge di guerra, di uccidere 10 italiani per ognuno di loro. Arrivati però a 330, decisero di ucciderne anche altri 5. Nota bene: una rappresaglia è sempre e comunque, quindi in sé stessa: 1) azione moralmente vile; 2) atto giuridicamente ingiustificabile: Questo perché appunto la rappresaglia viene scatenata contro delle persone disarmate e che comunque, non possiedono alcuna esperienza né preparazione di tipo militare, né pratica né teorica.

Ma quell'azione non trova nessuna giustificazione morale o giuridica neanche sul piano del diritto di guerra. Ipotizziamo, infatti, che i 335 martiri delle Ardeatine fossero stati militari o poliziotti (anche se sappiamo che non lo erano). Bene, il soldato o l'agente di polizia che sia stato fatto prigioniero ha diritto di non subire alcun tipo di violenza, di pressione, ricatto ecc. ecc.: né sul piano fisico né su quello psicologico, morale e così via.

Del resto, il rispetto sia per i civili sia per il personale militare o di polizia che si trovasse in stato di detenzione o di prigionia, era prescritto dalle stesse leggi a cui doveva attenersi l'esercito di Hitler. Riporto, infatti, da I dieci comandamenti del soldato tedesco almeno questi articoli: “Combattendo per la vittoria, il soldato tedesco osserverà le regole della guerra cavalleresca. Le crudeltà e le distruzioni insensate sono indegne di lui.

Il nemico che si è arreso, anche se è partigiano o spia, non deve essere ucciso. Sarà debitamente punito dai tribunali.

I prigionieri di guerra non devono essere maltrattati o offesi.

La popolazione civile è sacrosanta.”1

Sappiamo bene come non solo le S.S., ma anche la Gestapo, la Luftwaffe (l'aviazione militare) e la Wehrmacht (le truppe di terra) ignorarono questi pur nobili articoli.

Si dirà: ma i soldati tedeschi temevano, non eseguendo gli ordini crudeli ed insensati dei loro comandanti, di essere anche loro torturati ed uccisi. In effetti, l'ultimo art. di questi “comandamenti” recita: “Solo dietro ordine del comando superiore sono permesse azioni di rappresaglia.”2

Dunque si dice in modo abbastanza chiaro che la Vergeltung appunto in tedesco la rappresaglia era ammessa: e non si dice fino a che punto di inumanità essa potesse o dovesse spingersi, né si specifica se di fronte a quella il soldato avesse un qualche margine di discrezionalità o perfino di insubordinazione.

Da quel punto di vista, si potrebbe pensare che il soldato del Terzo Reich (per il momento lasciamo stare il suo senso morale e la sua umanità), fosse portato ad eseguire certi ordini per paura.

Ma in realtà la paura non c'entrava. Nel caso, infatti, della reazione nazista a via Rasella, sappiamo che Hitler aveva chiesto di far saltare una parte di Roma e di uccidere più di mille italiani. Ma attenzione: “Il capo di stato maggiore di Kesserling, Siegfried Westphal”, fu informato dal: “Colonnello Baelitz”, dell'attacco di via Rasella e di una disputa tra altri due grandi alti ufficiali, cioè Möllhausen e Mälzer, “della selvaggia richiesta di Hitler.” Comunque: “I due uomini concordarono nell'opinione che sarebbe stata un'azione irragionevole, benché ambedue fossero persuasi che gli italiani dovevano essere puniti.”3

Bene, a nessuno degli ufficiali poc'anzi nominati accadde qualcosa. Addirittura, rifiutò di prestarsi a quell'infamia perfino il maggiore Dobbrick, benché toccasse: “A lui, quale comandante del 3° battaglione, vendicare i suoi uomini”, e come se non bastasse: “Il colonnello Hauser, che ben presto sarebbe stato promosso generale, oppose anche lui un rifiuto.”4

Tutto ciò prova che chi voleva, poteva rifiutarsi di eseguire ordini barbari, o a dir poco inumani. Insomma, chi certi ordini impartiva ed eseguiva, lo faceva con assoluta cognizione di causa, senza alcuna remora di tipo morale, conscio che volendo avrebbe potuto rifiutarsi e probabilmente, obbediva anche con un certo entusiasmo.

Torniamo ora al punto da cui siamo partiti, cioè alla composizione degli uomini della Bozen. E' stato sostenuto perfino da massime autorità della Repubblica, che quegli uomini fossero: “Una banda musicale di semi-pensionati, e non nazisti delle SS.”5

Lo storico tedesco Lutz Klinkhammer, infatti, afferma afferma che quei battaglioni di polizia furono creati da Himmler, il capo delle SS e che quei reparti: “Parteciparono allo sterminio degli ebrei dell'Est Europa. E il quindicesimo reggimento di polizia, che precedette a Roma i soldati della Bozen, prese parte al rastrellamento degli ebrei il 16 ottobre del 1943.”

Klinkhammer, per fugare poi ogni dubbio su compiti e funzioni di queste che non erano semplici squadre di polizia, aggiunge che anche i soldati della Bozen: “Portavano la stessa divisa della polizia d'ordine nazista che era quella indossata dai rastrellatori. Formalmente erano tutti inquadrati nell'impero delle SS, sotto Himmler, che infatti il 24 febbraio – un mese prima dell'attentato di via Rasella – emanò un decreto per il quale i reggimenti di polizia dovevano prendere il nome di: 'Reggimenti di polizia SS.'”6

Affermare poi che quelli della Bozen fossero “semi-pensionati”, risulta quantomai falso. Il più “anziano”, infatti, era un certo Jakob Erlacher, classe 1901; egli aveva dunque 43 anni.”7

Davvero risulta quantomai falso affermare che si trattasse di “semi-pensionati,” membri di una banda militare ecc. ecc. In quei casi si potrebbe pensare che fossero poco addestrati, mal armati e magari anche privi della necessaria copertura da parte di mezzi militari pesanti: una sorta insomma di versione tedesca dell'armata Brancaleone.

Come afferma, infatti, lo stoico americano Robert Katz, la colonna di soldati che al momento dell'attacco partigiano si apprestava ad imboccare via Rasella: “Era scortata da una mezza dozzina di uomini con fucili mitragliatori mitragliatori allineati in testa. Un autocarro armato con una mitragliatrice montata su una piattaforma chiudeva la colonna. La formazione si snodava per una lunghezza di circa cento metri: più di centocinquanta uomini, che portavano a tracolla i nastri delle munizioni. Ognuno era armato di un fucile e di una pistola.”8

Altra falsità sul piano storico consiste nell'affermare che i partigiani fossero al corrente, anzi dire con una certa decisione che “sapevano” che compiere atti di ostilità contro i nazisti, avrebbe causato delle rappresaglie. Dopo l'attacco, infatti, compiuto dai Gap di Roma, l'autorità militare che in quel momento era seconda solo al feldmaresciallo Kesserling, cioè Mackensen: “Fissò la proporzione dei fucilati nella misura di 10 italiani per ogni tedesco ucciso in via Rasella.”9

Ora, se Mackensen ebbe bisogno di “fissare” quella terribile proporzione, risulta evidente che prima non era ancora stato fissato proprio nulla. Dunque i partigiani non potevano “sapere” assolutamente niente.

A chi poi obietta che i nazisti avrebbero voluto giustiziare solo chi li aveva attaccati, va ricordato che durante il processo tenutosi in Italia nel 1948, chi organizzò e diresse il massacro delle Ardeatine cioè il maggiore Herbert Kappler, affermò che si era deciso di mantenerlo: “Segreto per ragioni di sicurezza, cioè per paura di un tentativo da parte dei partigiani di impedire ai tedeschi di portar a termine le rappresaglie.”10

Comunque, dal dopoguerra ad oggi, a riprova del persistere di una mentalità che simpatizzava e forse simpatizza tuttora col nazifascismo, si è parlato di: “Pubblici proclami affissi alle vie di Roma all'inizio dell'occupazione e che avvertivano la popolazione che rappresaglie di dieci uomini contro uno sarebbero state all'ordine del giorno. Nessun annuncio del genere fu mai esposto al pubblico sotto nessuna forma, e la verità è che prima di quella delle Ardeatine in Italia i tedeschi non attuarono alcuna rappresaglia.”11

Del resto, e questa è la classica prova del nove, quando furono processati sia Kappler sia Kesserling, alla domanda se rivolsero ai gappisti un qualche appello perché si costituissero, o anche uno in cui si informasse la “cittadinanza romana” di una rappresaglia: “Il cui rapporto sarebbe stato di dieci italiani per ogni tedesco”12 sia Kappler sia Kesserling risposero negativamente. Kesserling fece questo anche quando la Corte gli chiese: “Ma potrebbe aver detto: 'Se la cittadinanza non denuncerà i responsabili entro una certa data, ordinerò di uccidere dieci italiani per ogni tedesco?”13

Forse alla questione ho dato anche troppo spazio. Comunque che cosa pretende, chi parla di fantomatici “appelli”, del fatto che i partigiani “sapevano” del rapporto di 10 italiani per 1 tedesco ecc. ecc.? Solo una cosa: scaricare su chi combatteva per liberare l'Italia dal nazifascismo la responsabilità delle stragi appunto nazifasciste. “Solo” che l'Italia si arrendesse senza combattere. Nient'altro.

Comunque, quando si trattava di massacrare barbaramente dei civili e tra questi anche donne, vecchi e bambini, i nazisti non avevano certo bisogno di nascondersi dietro l'alibi di attacchi da parte dei partigiani. Come prova lo storico tedesco Lutz Klinkhammer: “In effetti, le stragi di Marzabotto, Sant'Anna di Stazzema, Padule di Fucecchio, Pietransieri o Vallucciole, nelle quali furono trucidate in modo bestiale prevalentemente donne e bambini, senza che vi fosse stato precedentemente un attentato come a via Rasella, sono esempi ancora più eclatanti del terrore tedesco in Italia.”14

Di più: la città olandese di Rotterdam, che pure decise di arrendersi all'aggressore nazista, fu comunque bombardata e rasa al suolo dalla Luftwaffe, tanto che alla fine della 2/a guerra mondiale dovette essere in buona parte ricostruita. Dunque per i nazisti il fatto che ci si potesse arrendere e consegnare nelle loro mani non contava proprio niente: quel che contava era colpire nel modo più duro sia chi combatteva sia chi non lo faceva. In questo modo essi puntavano ad ottenere dei (peraltro discutibili) successi sul piano militare, ma l'obiettivo era soprattutto un altro: il terrore, col quale credevano di poter fiaccare il morale della popolazione, in modo anche che appunto la popolazione facesse mancare il suo appoggio tanto al movimento partigiano quanto all'avanzata degli Alleati.

Inoltre, della guerra aerea contro le città e contro i civili, non solo contro eventuali infrastrutture militari o anche industriali adibite a fini militari, uno dei maggiori artefici fu proprio Kesserling...15 egli, infatti, fu responsabile di varie stragi, in Italia e non solo.

Inoltre, quando si parla di stragi compiute dai nazisti in Italia, non bisogna dimenticare la fattiva collaborazione o per meglio dire complicità che in esse ebbero le autorità fasciste italiane: senza quella complicità, ben difficilmente i nazisti avrebbero potuto accedere ai nominativi di ebrei, oppositori politici e partigiani.16 Chi dimentica o non conosce questo vergognoso fatto, farebbe meglio a documentarsi e se proprio non ci riesce, non sbaglierebbe se decidesse di occuparsi di altro, invece che della parte più tragica della storia d'Italia del XX secolo.

Vorrei concludere ribadendo come il concetto di “obbedienza” non abbia alcun valore di fronte allo sterminio di persone innocenti o perfino di prigionieri che pure siano ritenuti dei pericolosi nemici. I membri della Wehrmacht, delle SS, della Luftwaffe e della Gestapo che durante i processi dichiaravano di esser stati costretti ad eseguire certi ordini perché in caso contrario sarebbero stati giustiziati, come abbiamo visto, in realtà mentivano. E questo lo sapevano benissimo.

Come ricorda al riguardo il Klinkhammer: “Per far valere tale meccanismo di discolpa si inventò allora una parola nuova 'Befehlsnotstand' (impossibilità di disubbidire). Ormai sappiamo da diverso tempo che tale 'Befehlsnotstand' non è mai esistito.”17

Personalmente, aggiungo che anche quando tale “impossibilità” fosse esistita, ci sarebbe però stata almeno una possibilità: quella di comportarsi da esseri umani. Sempre. Comunque.

Inoltre, dobbiamo ricordare come nel corso della Storia, determinati orrori siano stati ispirati (sebbene certe “ispirazioni”solo volgarissimi alibi) da altri che li hanno preceduti. Hitler, per es., sosteneva di voler applicare alle popolazioni dell'Europa orientale, ma come abbiamo visto non solo a quelle, i sistemi che furono applicati dagli Americani ai cosiddetti Indiani. Perciò dalla teorizzazione della legittimità di certi massacri alla loro realizzazione pratica, il passo era davvero breve; né a tutto ciò si sottrasse il regime di Mussolini, per es. in Etiopia.18

Da tutto ciò consegue che le Fosse Ardeatine e tanti altri massacri non nacquero diciamo così da qualche raptus, o come reazione allo stress psicologico a cui in guerra i soldati sono spesso sottoposti ecc. ecc., ma furono il prodotto di un lucido e freddo piano criminale. Ecco perché si poté arrivare al punto, alle Ardeatine, che con alcuni spari: “Alcune teste”, fossero, “letteralmente staccate dal busto. Ne schizzarono brandelli sul soffitto della galleria. Quando i cadaveri vennero esumati, se ne trovarono 39 decapitati.”

A proposito delle pallottole esplose dai carnefici, sappiamo anche che: “Non attraversarono il cervello, ma soltanto la faccia, strappando occhi e nasi in un fiume di sangue. Non tutti morirono subito anzi molte vittime: “Giacquero prive di sensi per i colpi ricevuti, agonizzando nel cumulo dei cadaveri.”19

Era la guerra cavalleresca dei nazisti, che ebbero come alleati i non meno cavallereschi fascisti nostrani.



Note


1 Lord Russell, Il flagello della svastica (1954), Feltrinelli, Milano 1991, artt. 1,3,4,7, p.239. I corsivi sono miei.

2 Lord Russell, Il flagello della svastica, op. cit.,art. 10, p.240.

3 Per tutto questo, cfr. Robert Katz, Morte a Roma. Il massacro delle Fosse Ardeatine (1967), Editori Riunti, Roma 1996, pp.82-83.

L'ed. cit. non è una semplice ristampa, ma un testo che tiene conto anche di nuovi fatti emersi dopo il 1967: in primis l'inspiegabile inerzia del Vaticano di fronte alla Vergeltung nazista; cfr. R. Katz, Introduzione alla nuova edizione a Id., Morte a Roma, op. cit., pp.IX-XIII.

4 Cfr. R. Katz, Morte a Roma, op. cit., rispettivamente pp. 115 e 116. In un primo momento si mostrò esitante lo stesso Kappler; cfr. R. Katz, op. cit., p.116.

Cfr. Robert Katz, Dossier Priebke. Anatomia di un processo, Rizzoli, Milano 1996, pp.135-136. Più in generale, per decine di casi di soldati che si rifiutarono di eseguire ordini chiaramente criminali, ma senza subire alcuna conseguenza, cfr. R. Katz, Dossier Priebke, op. cit., pp.126-127. Come testimoniò durante il processo Priebke il capitano della Marina tedesca Gerard Schreiber, per nessuna di di quelle insubordinazioni: “Ci fu mai un caso di pena capitale.” R. Katz, Dossier Priebke, op. cit., p.127.

5 Cfr. Lo storico smentisce Ignazio La Russa su via Rasella: “Altro che pensionati, quelli erano soldati nazisti”, da https://www.open.online

L'on. La Russa si è poi scusato per quella sua dichiarazione, ammettendo però con sorprendente nonchalance che si trattava di soldati nazisti: l'esatto contrario quindi di quel che aveva dichiarato solo pochi giorni prima, che faceva pensare a quelli della Bozen come persone del tutto pacifiche ed inoffensive. Perciò ben difficilmente questa sua rettifica è apparsa come granché argomentata, o convincente.

6 Per tutte le affermazioni citate, cfr. Lo storico smentisce La Russa, art. cit. I corsivi sono miei.

7 Cfr. Il combattimento di via Rasella, di Andrea Dominici, in http://docenti.ing.unipi.it

8 R. Katz, Morte a Roma, op. cit., p.7

9 Id., Morte a Roma, op. cit., p.82.

10 Id., Morte a Roma, op. cit., p.217. Sull'eccidio delle Ardeatine e sulle vicende processuali ad esso relative, cfr. anche L'eccidio delle Fosse Ardeatine in https://encyclopedia.ushmm.org

11 R. Katz, Dossier Priebke. Anatomia di un processo, op. cit., p.43. I corsivi sono miei.

12 Per la domanda in questione, cfr. R. Katz, Morte a Roma, op. cit., p.217.

Richiesto a bruciapelo dal presidente del tribunale se fosse stato rivolto ai partigiani uno 'specifico appello' a consegnarsi, Kappler rispose: 'Io non avevo l'autorità per fare appelli di questo genere.” In un altro contesto dichiarò: 'Mi mancava il tempo per farlo...'” Cfr. Testimonianza di Kappler, in R. Katz, Morte a Roma, op. cit., p.217 n.1. Sulla medesima questione, cfr. Id., Dossier Priebke, op. cit., p.70.

13 Riguardo a Kesserling, cfr. R. Katz, Dossier Priebke, op. cit., pp.70-71.

14 Lutz Klinkhammer, Stragi naziste in Italia. 1943-1944, Donzelli, Roma 2006, p.24.

15 R. Katz, Morte a Roma, op. cit., p.90 e n.1.

16 L. Klinkhammer, Stragi naziste in Italia. 1943-1944, op. cit., almeno pp.67-69. Cfr. anche R. Katz, R. Katz, Morte a Roma, op. cit., pp.176-177 n.6, dove l'A. sostiene come anche nel caso del: “Massacro tedesco di quindici partigiani, in cui furono esposti a pubblico ludibrio in piazzale Loreto, a Milano, (…) fosse stata la polizia fascista a prelevare le vittime da una prigione italiana per consegnarle ai tedeschi.”

17 L. Klinkhammer, Prefazione a Stragi naziste in Italia. 1943-1944, op. cit., p.IX.

18 Per tutto questo, cfr. Domenico Losurdo, Il peccato originale del Novecento, Laterza, Roma-Bari 1998, pp.8-11.

19 R. Katz, Morte a Roma, op. cit., p.150. Il corsivo è mio.

Sulle Ardeatine, cfr. anche Roberto Battaglia Giuseppe Garritano, Breve storia della Resistenza italiana, Editori Riuniti, Roma VI ed. 1997, pp.105-108.




giovedì 8 dicembre 2022

Le mie canzoni di Natale

 

Ciao a tutti!

Ecco i brani che mi piace ascoltare quando stanno per arrivare Natale, Babbo Natale e le sue renne ed anche la Befana.

Santa Claus is coming to town: in qualsiasi versione, ma soprattutto, in quella proposta da zio Buce e dalla “E” Street.

Ricordo poi una travolgente Baby please come back home to Christmas. Ho qualche dubbio sul titolo esatto. Più o meno dovrebbe essere quello, ma comunque, la canzone fu eseguita anni fa da un B.B. King in folle giacca viola tutta lustrini.

Neanche io sarei riuscito a vestirmi così male!

In ogni caso, il grande Blues Boy si lanciò in una rock 'n rollistica versione del brano davanti a tutta una schiera di cardinali ed elegantissime ed impellicciatissime signore ed incravattatissime “personalità” di vario genere. Grande!!!

Naturalmente ascolto sempre con grande piacere Happy Christmas (war is over) di John Lennon, ma mi dà un mega fastidio che le radio e le tv la tirino fuori come una canzone di buoni o meglio banali sentimenti, e non come una che dice che la guerra è finita se tu lo vuoi e che inoltre, auspica la pace per ogni etnia.

Una canzone poi quella accompagnata da un coro di bambini di Harlem, che negli U.S.A., è sempre stato considerato e trattato come un ghetto. Insomma, quel pezzo di John Lennon non è White Christmas o altra roba del genere.

Jingle bells non mi ha mai detto niente, anche se a scuola con alcuni ragazzi stiamo pensando di eseguire Jingle bells rock.

Pollici ed alluci alzati verso il cielo per Silent Night cantata da Mahalia Jackson.

Approvazione ululante per Christmas spirit cantata da Julia Lee.

Stupore adorante per Sometimes I feel like a motherless child cantata da Sarah Vaughan. Molti di noi, infatti, si sentono come dei bambini senza madre; non solo a Natale.

Ecco, è questa (più o meno) la mia lista di canzoni natalizie, che come avrete notato, hanno tutte questa caratteristica: non sono allegre in modo esagerato, forzato.

Bene, per oggi è tutto.

Ci risentiamo per gli auguri di Natale!




domenica 18 settembre 2022

I nuovi assetti

 

Il nuovo presidente è stato eletto. Bene! Purtroppo, non è ricattabile come gli altri, o non lo è abbastanza.

Ma per fortuna, ha firmato nel giorno stesso della sua elezione una legge che consente all'esercito di girare liberamente per le strade della capitale senza che debba sottostare al rispetto della Costituzione, che pure ha il dovere di difendere... insieme alla Repubblica.

Certo, tutto questo non aprirà automaticamente le porte al tanto agognato golpe, però è un primo, importante passo in quella direzione.

Inoltre, il presidente, il più giovane degli ultimi 50 anni, ha personalmente caldeggiato la riapertura dei manicomi.

Si sa poi che non si opporrà, almeno non a priori, all'uso della tortura negli interrogatori condotti dalle forze dell'ordine. Questo per quanto riguarda gli uomini.

Per quanto riguarda invece le donne, sappiamo che si opporrà con tutte le sue forze agli “stupri terapeutici”, sui quali però non avrà niente da eccepire se avverranno nei nuovi manicomi. Naturalmente, quegli stupri dovranno essere effettuati da personale medico-infermieristico altamente specializzato: dopotutto, siamo nel 2220 e perdiana, siamo un Paese occidentale, europeo, cristiano e democratico, mica dei barbari!

Inoltre, come è noto, quando il presidente era ancora senatore, votò a favore di (però ragionevoli) limitazioni della libertà di stampa, di parola, di riunione e di un forte contenimento del diritto di sciopero.

Poi con la camorra e con le varie mafie, che hanno garantito i voti ed i fondi per la sua elezione, abbiamo trovato da tempo il modo di convivere. Con le mafie italiane, ovvio, che collaborano da tempo con le nostre forze dell'ordine per combattere le mafie estere. Del resto, tutto si potrà dire dei nostri mafiosi, tranne che non siano patriottici.

La legge sul divorzio sarà abolita, ma esso sarà riservato alle persone abbienti; idem per il divorzio. Certo, la Chiesa pretenderà una totale abolizione di entrambi, ma noi controlliamo le banche del Vaticano, perciò...

Il rock, il rap, il blues, la canzone d'Autore e qualsiasi forma artistico-musicale di protesta o comunque eccessivamente impegnata e/o intellettuale, sarà considerata “anti-italiana ed anti-sociale”: come tale, punibile con una pena che potrà andare da 5 a 8 anni di reclusione. Naturalmente, senza condizionale.

Nelle scuole e nelle università si riprenderanno a studiare ed a insegnare le gesta dei comandanti Crociati, le teorie dei grandi uomini (ingiustamente vilipesi) dell'Inquisizione, dell'assolutismo e gradualmente, anche di qualche fascista illuminato.

Stiamo per depenalizzare il reato di stupro di gruppo ed anzi, a fini di beneficenza, alcuni saranno trasmessi in diretta tvnet; ovviamente, in 2/a serata.

Sarà introdotto il reato di omosessualità, punibile con l'ergastolo. In omaggio però all'innato senso di giustizia del nostro popolo, l'omosessuale sarà libero di scegliere tra l'ergastolo e 30 anni di lavori forzati.

La gente ci metterà un po' ad abituarsi al nuovo, ma la trasmissione di pcquiz davvero geniali e spiritosi, talvolta anche birichini nonché di partite di calcio gratis, ci aiuterà parecchio.

Certo, all'inizio dovremo scendere a a qualche fastidioso compromesso democratico: per es., non potremo abolire subito le elezioni, la cui abolizione faremo però in modo che sia votata dal cosiddetto popolo.

Insomma, ci vorrà un po' di pazienza. D'altronde, per i nuovi assetti ce ne vuole sempre.

Ma siamo nell'Italia del 2220 e si sa che da noi, con un tantino di pazienza e di amore, si può far tutto.


venerdì 17 giugno 2022

“Joker”, di Todd Phillips

 

Questo film mi è piaciuto moltissimo.

Finora avevo trovato il personaggio del Joker solo in films in cui appariva come antagonista di Batman e benché (grazie alla sua follia e spietata irriverenza) in quel ruolo risultasse piuttosto interessante, era difficile non vederlo come un personaggio schiacciato sullo stereotipo del pazzo criminale.

Ma i vari Joker visti finora, incluso quello nicholsiano, secondo me alla lunga rivelavano una certa mancanza di complessità. Perfino la loro violenza risultava poco credibile.

Questo altro Joker no: è, infatti, più una persona che un semplice personaggio. Il regista ci presenta Arthur, un uomo che solo dopo assumerà l'identità grazie alla quale è conosciuto da tutti.

Egli è un uomo sulla quarantina che vive ancora con la madre ormai anziana e malata, di cui comunque si prende cura con grande affetto. I due vivono in un modesto appartamento che si trova in una zona disastrata della città immaginaria di Gotham. Povertà, degrado, isolamento, teppismo: sono questi gli “ingredienti” della vita di Arthur e dei dannati che popolano questo inferno suburbano.

Egli è seguito dai servizi sociali e deve assumere degli psicofarmaci per controllare alcuni disturbi mentali che immaginiamo importanti. Ma tutto sommato, tira avanti con una certa dignità. Questo, sebbene la disperazione faccia abbastanza spesso capolino.

La vita di Arthur, della madre e delle persone del loro mondo, che per l'élite economica e politica è quella di un volgare ed assurdo sottomondo, è più che altro sopravvivenza e potrebbe avere come ideale colonna sonora Cold, cold ground, Rosie, Jersey girl ed altre ballate e blues di Tom Waits, o anche Born in the U.S.A., Nebraska e The ghost of Tom Joad di Springsteen. Tutte quelle vite spezzate e costrette a girare eternamente in tondo, nel vano tentativo di riafferrare i pezzi perduti ed insanguinati del proprio cuore e della propria mente...

Come penso che sia già stato detto, se vogliamo cercare degli “antenati” di questo film o almeno delle sue atmosfere, possiamo trovarli in Mean streets ed in Taxi driver di Scorsese: films in cui violenza, squallore e divisione delle città in 2 dimensioni totalmente opposte sono innegabili. Films in cui regnano l'alienazione delle metropoli americane ed il potere della malavita.

Il discorso, infatti, svolto da queste pellicole è senz'altro quello della violenza, della solitudine e dell'isolamento e se lo troviamo (in dosi perfino più abbondanti) anche in altre, credo però che solo in quei 2 vi sia quella particolare miscela di realismo e visionarietà.

Ora, per me il film di Philips si inserisce perfettamente in quel solco, in quella particolare tradizione.

Comunque, l'Arthur di Phillips sembra quasi predestinato alla follia ed alla violenza: il suo mondo, che è poi anche il nostro, è spaccato esattamente a metà tra chi detiene il potere economico, poliziesco-giudiziario e militare ed ha anche quello di tagliare servizi sociali, prestazioni mediche e somministrazioni di farmaci e chi non ha e non è niente. E' un mondo lontanissimo da qualsiasi tipo di redenzione ed al quale, seguendo una logica folle eppure lucidissima, ci si può ribellare solo con altra follia e con nuova violenza.

Colpisce, nel Joker di Phillips, la capacità del protagonista Joaquin Phoenix di alternare con grande intensità momenti di tenerezza verso la madre all'odio verso di lei, fino all'uso di armi di vario tipo ed alla sua passione per la comicità; passione a cui però non corrisponde altrettanto talento. Ed anche questo inserirà nella vita di Arthur altri elementi di devastante, terribile caos.

Mi fermo aggiungendo solo questo: secondo me vale la pena di vedere “questo” Joker, perchè anche se talvolta è perfino brutale, ci aiuta a riflettere sulla nostra società, su noi stessi e sul rapporto-scontro con gli altri. Senza sconti e senza facili auto-assoluzioni.


lunedì 25 aprile 2022

Albert Kesserling, Marksteft 1885-Bad Neuheim 1960

Albert Kesserling: “Dopo l'8 settembre, giorno della proclamazione fra Regno d'Italia e potenze alleate, assunse il comando supremo di tutte le forze tedesche in Italia, oltre a quelle schierate in Grecia.”1

Ora, Kesserling fu processato nel 1947 per crimini di guerra. Tra questi, ricordiamo i principali, cioè: la strage delle Fosse Ardeatine (335 morti), Marzabotto (1800), Sant'Anna di Stazzema (560). In quanto comandante supremo delle forze tedesche in Italia, a lui va ascritta la responsabilità morale e penale di tutti quegli orrori. Commessi, peraltro, contro civili inermi.

Ricordiamo, perché sia chiaro e noto a tutti quello che fecero i nazisti a Sant'Anna, che il 12 agosto 1944 essi uccisero anche: “Anna, l'ultima nata nel paese di appena 20 giorni.”2

Sempre per restare in tema di bambini, come scrive lo scrittore Manlio Cancogni: “Fracassavano loro il cranio con il calcio della 'pistol-machine', e infilato loro nel ventre un bastone, li appiccicavano ai muri delle case. Sette ne presero e li misero nel forno preparato quella mattina per il pane e ivi li lasciarono cuocere a fuoco lento.”3

Non ho parlato a caso di responsabilità morale e penale di Kesserling in tutto questo. Egli, infatti, già per le Fosse Ardeatine aveva: “Ordinato la rappresaglia in un rapporto di dieci a uno.”4 Di conseguenza: “Dal momento che era stato lui a trasmettere gli ordini alle formazioni dell'Armata alle sue dipendenze, era lui il responsabile delle modalità con cui tali ordini erano stati eseguiti.”5

Inoltre, già il 17 giugno 1944, egli aveva diramato ai suoi un ordine relativo a presunte “nuove” regole contro la guerra partigiana. Ma in realtà, nella mente e nelle azioni di Kesserling e dei nazisti in generale, di nuovo c'era ben poco. Comunque, le “nuove” regole nel combattere i partigiani dovevano consistere non solo nell'eliminare loro, ma anche chiunque in futuro potesse dar loro rifugio... magari solo a livello di ipotesi.

Ecco perché Kesserling dichiarò: “Io proteggerò qualunque comandante che, nella scelta e nella severità dei mezzi adottati nella lotta contro i partigiani, ecceda rispetto a quella che è la nostra abituale moderazione.”6

Ora, qui parlare di “abituale moderazione”ha il sapore della più cinica delle beffe. Quando mai, infatti, i nazisti (in Italia o altrove) si dimostrarono abitualmente moderati? Aggiungo che Kesserling, sempre fedele all'impostazione oltre che crudele anche derisoria dei suoi ordini, il 1 luglio 1944 diramò alle truppe un 2° ordine che terminava così: “Tutte le contromisure devono essere dure ma giuste. Lo richiede la dignità del soldato tedesco.”7

Ora, quali fossero state la “giustizia” e la “dignità” appunto del soldato tedesco, si era già visto in occasione del bombardamento di Rotterdam (14 maggio 1940), quando i tedeschi: “Imposero la resa immediata minacciando altrimenti di radere al suolo la città. Gli olandesi accettarono la resa, ma mentre si svolgevano le trattative, la Luftwaffe, a buon conto distrusse la città. Successivamente Kesserling giustificò gli attacchi aerei come una necessità militare (W. Shirer, Storia del Terzo Reich, ed. it. Torino, pp.784-785).”8

Così, il principio che dovrebbe essere sempre rispettato sia tra i singoli cittadini sia nel mondo degli affari, del lavoro, dello sport ecc. ecc. e soprattutto tra gli Stati, belligeranti o meno, cioè pacta sunt servanda (i patti devono essere rispettati)9 fu apertamente e criminalmente violato dai Tedeschi. Fu, infatti, oltremodo criminale che chi si fosse de facto arreso, poi fosse ulteriormente attaccato... e con tanta violenza.

Ricordiamo che già nel 1625 proprio un giurista e filosofo olandese cioè Ugo Grozio (olandese Huig van Groot) ribadì la celebre massima a suo tempo attribuita al giurista dell'antica Roma Ulpiano, sull'obbligatorietà del rispetto dei patti.10

Del resto, ancora nel '600 perfino un filosofo come Hobbes che pure non credeva ad alcuna forma di bontà umana, pur prendendo atto della frase di Cicerone silent enim leges inter arma, cioè infatti tra le armi le leggi tacciono, comunque osservava: “Pure, la legge di natura in guerra comanda almeno questo: che gli uomini non sazino la crudeltà delle loro presenti passioni.”11

Tornando ora al '900, nell'occasione di Rotterdam come pure in centinaia di altre, ogni nazista (Kesserling incluso) violava il regolamento del suo stesso esercito, che ordinava al soldato tedesco il massimo rispetto per prigionieri, civili, territori neutrali ecc. ecc.12 Ricordiamo che appunto l'Olanda era un Paese neutrale, che prese le armi solo per difendersi dall'aggressione nazista.

Del resto, troviamo un inquietante precedente relativo al modo tedesco di considerare i trattati internazionali ed il rispetto per i civili, già nella famosa frase pronunciata dal cancelliere Bethmann-Hollweg. Questi, infatti, il 14 agosto 1914 durante un colloquio con l'ambasciatore britannico, dipinse i trattati che garantivano la neutralità del Belgio come “pezzi di carta” e giustificò l'invasione del Paese teorizzando una “necessità che non conosce legge”.13

Dunque, già 20 anni prima che Hitler prendesse il potere e che Kesserling diventasse uno dei suoi comandanti più spietati, era quello l'humus morale, giuridico e politico-culturale della Germania. Logico quindi che quando il nazismo poté contare su un indottrinamento fanatico e di massa nonché su un complesso militare-industriale di prim'ordine, l'impatto sulle popolazioni attaccate fosse quello che sappiamo.

Ma ora torniamo a Kesserling.14 Egli fu processato dagli inglesi nel 1947 quindi: “Condannato a morte, sentenza poi commutata in ergastolo per intervento del governo britannico.15” Ma in modo davvero sconcertante, già nel 1952: “In considerazione delle sue 'gravissime' condizioni di salute, egli fu messo in libertà.”16

I britannici non dimostrarono altrettanto senso di umanità né alcuna riconoscenza nei confronti del generale Bellomo, che invece fucilarono dopo un processo sommario. Questo benché egli, a Bari, avesse guidato con grande coraggio la lotta contro i nazisti, contribuendo in modo decisivo alla liberazione della città.

Tuttavia, appunto i britannici credettero a priori alla tesi quasi sicuramente falsa (e sostenuta da un ufficiale italiano!) secondo cui, in precedenza, il generale aveva fatto fucilare dei prigionieri inglesi.17

A differenza di Bellomo, Kesserling poté tornare tranquillamente ai suoi affetti. Anzi in patria fu accolto: “Come un eroe ed un trionfatore dai circoli neonazisti bavaresi, di cui per altri 8 anni fu attivo sostenitore.”18

Del resto, egli morì a 75 anni, sereno e fiero delle sue gesta. Insomma, non si pentì mai degli orrori da lui ordinati e scatenati. Ancor meno rinnegò la sua fedeltà ad Hitler ed inoltre dichiarò che: “Non aveva proprio nulla da rimproverarsi, ma che – anzi – gli italiani dovevano essergli grati per il suo comportamento durante i 18 mesi di occupazione, tanto che avrebbero fatto bene a erigergli un monumento .”19

La derisione ed il cinismo di chi solo con estremo ribrezzo possiamo definire uomo, ci fa accostare costui più a demoniache figure dell'Inferno di Dante: sola dimensione, quella, nella quale speriamo sia sprofondato. In aeterno.

Ma in casi come quello rappresentato dal feldmaresciallo, il giudizio filosofico-morale e perfino quello morale-religioso, affinché possano essere formulati in modo inequivocabile, necessitano di un'analisi storica: ed io ho cercato di sviluppare e presentare un'analisi di tale genere.

Concludo comunque coi versi finali dell'epigrafe di Calamandrei per il “camerata Kesserling”:

ora e sempre

RESISTENZA.20



Note


1 16 luglio 1960, muore il feldmaresciallo Kesserling, 18/7/2019, 7:29, in www.combattenti ereduci.it

2 Cfr. www.santannadistazzema.org

3 www.santannadistazzema.org I corsivi sono miei. Per un ulteriore inquadramento del terribile massacro cfr. anche Roberto Battaglia Giuseppe Garritano, Breve storia della Resistenza italiana, Editori Riuniti, Roma 1997, pp.194-195.

4 Il processo ad Albert Kesserling, in www.difesa.it

5 Il processo ad Albert Kesserling, cit. Il corsivo è mio.

6 Il processo ad Albert Kesserling, cit. I corsivi sono miei.

7 Il processo, cit. Il corsivo è mio.

8 Robert Katz, Morte a Roma (1968), Editori Riuniti, Roma 1996, p.90 n.1. I corsivi sono miei.

Stando a più recenti fonti olandesi, nel bombardamento morirono 850 persone e per esso si ebbero 80mila senza tetto. Ovviamente, furono fatte a pezzi tutte le infrastrutture civili ed industriali della città, il centro storico ecc. ecc. Su questo cfr. Rotterdam, cerimonia 'virtuale' per ricordare il bombardamento di 80 anni fa, 19 maggio 2020, in www.31mag.nl

E' tuttavia probabile che il numero delle vittime sia stato ben più alto, nell'ordine cioè delle “migliaia”; cfr. Adriano Luijdjens, Enciclopedia Italiana -II Appendice (1949), Rotterdam (xxx, p.174), ora in www.treccani.it

9 Pacta sunt servanda, in dizionari.simone.it

10 Su Grozio cfr. almeno 6 Grozio e i riflessi del giusnaturalismo sul diritto moderno, apr. 24, 2021, in www.centrostudilivatino.it Per un'esposizione meno tecnica del pensiero di Groot cfr. Groot, Huig Van, in www.treccani.it

Per il pacta sunt servanda cfr. De iure belli ac pacis, Prolegomena, §15, p.26, ora in Luigi Bonanate, Diritto naturale e relazioni tra gli stati, Loescher Editore, Torino 1978, p.47.

11 Thomas Hobbes, Elementi di legge naturale e politica, I, xix, 2, pp.156-57, ora in L. Bonanate, Diritto naturale e relazioni tra gli stati, op. cit., p.123. La frase di Cicerone si trova nell'opera Pro Tito Annio iudicem oratio (Orazione in difesa del giudice Tito Annio Milone), più nota col breve e più semplice titolo di Pro Milone cioè “In difesa di Milone.” L'oratio risale al 52. a.C.

12 cfr. Appendice, I dieci comandamenti del soldato tedesco (stampati sul libretto paga di ogni soldato), in Lord Russell, Il flagello della svastica (1954), Feltrinelli, Milano 1991, pp.239-240.

13 Bethmann-Hollweg, Theobald von, in www.treccani.it

14 Sul modo di Kesserling di intendere la guerra mi limito a segnalare Robert Katz, Morte a Roma, op. cit.; Id., Roma città aperta. Settembre 1943 giugno 1944, Edizione Mondolibri S.p.A., Milano su licenza Gruppo editoriale il Saggiatore S.p.A., Milano 2003; L. Russell, Il flagello della svastica, op. cit., spec. pp.111-118; R. Battaglia G. Garritano, Breve storia della Resistenza italiana, spec. pp.105-116.

15 16 luglio 1960, cit.

16 Lo avrai, camerata Kesserling, 25 aprile 2019, di Pierpaolo Farina, in www.qualcosadisinistra.it

17 La fine del generale Bellomo, di Vincenzo Gastaldi, in anpibrindisi.it da Patria indipendente, 29 settembre 2002. Cfr. anche 28 luglio 1943, la strage di Bari, di Ferdinando Pappalardo, in www.patriaindipendente.it

18 Lo avrai, camerata Kesserling, art. cit. Il corsivo è mio.

19 Per l'immutata fedeltà a Hitler di Kesserling e per il “monumento” cfr. rispettivamente 16 luglio, cit.; Lo avrai, camerata Kesserling, art. cit.

20 Lo avrai, camerata Kesserling, art. cit. 

venerdì 24 dicembre 2021

Buon Natale 2021 da me & dal mio I.I.

 

A costo di passare per tradizionalista, scemo o per entrambe le cose, ribadisco quanto ho già detto o scritto in precedenti occasioni, cioè che mi piacciono: le canzoni natalizie; l'albero di Natale; il presepe. Mi piacciono perfino le grandi abbuffate/riunioni familiari.

Certo, però c'è soprattutto il significato del Natale, che è evidentemente religioso e che ormai, passa sempre più in 2° piano. Per colpa anche del credente, non solo del consumismo.

Facciamo un esempio pratico: come puoi celebrare la nascita di Cristo, quando saresti prontissimo a rispedire i migranti a casa loro... magari a mitragliate? Anche la famiglia dell'Uomo che preghi non trovava un posto per la notte... chissà, forse il mercato del tempo non era in grado di fornire abbastanza alloggi a tutti!

Anche quella famiglia fu costretta a fuggire in terra straniera (l'Egitto) ed in Deuteronomio 26,5, quindi già molto tempo prima di Cristo, leggiamo: “Mio padre fu un Arameo errante.”

Non dimentichiamo poi che come dice Frei Betto in Gli Dei non hanno salvato l'America, Cristo fu anche un prigioniero politico. Provocazione? Non tanto.

Ma ecco che appare il mio Interlocutore Immaginario. Il tipetto si prepara un buon caffè, fruga tra i miei fogli e commenta: “Bravo, Ric. Stile scorrevole, direi addirittura musicale; concetti poi che vanno controcorrente. E complimenti anche per la musica che stai ascoltando ora... chi è, Etta James?”

Sì, ma tra un po' passerò a Baby it's you delle Shirelles.”

Ah, le Shirelles... grandi! Sai che le ho conosciute? Nel Natale del 1963, la 1/a volta che sono andato nel New Jersey.”

Aspetta, I.I., aspetta: nel '63 io e te avevamo un anno, quindi non potevi/potevamo andare negli U.S.A. da soli.”

Ti dico che ci sono/siamo andati. Comunque adesso non è il caso di cercare il pelo nell'uovo; dopotutto, a Natale tutto è possibile, giusto?”

Sì, ma...”

Niente ma, carissimo. Ma tornando a Baby it's you, a me piace anche la versione dei Beatles. Ah, aspetta, stai zitto un momento!”

Stai zitto un momento? Ma se stava parlando solo lui...

Questo è Chuck Jackson in Any day now: grande cuore, grande soul, anima, il buon Chuck. Accidenti, ma vedo che hai anche Don't go please stay dei Drifters. A proposito, fai i miei complimenti a tua moglie.”

Vediamo se indovino: perché una volta abbiamo sentito una canzone di Natale cantata da loro, e lei disse che solo i Neri potevano sapere che cosa significhi trovarsi al gelo la notte della Vigilia, soli, senza cibo, senza un posto dove andare mentre tutti festeggiano al caldo nelle loro case.”

Sì, lei capì bene lo spirito del gospel e del Natale. Be', adesso devo andare, ma prima dimmi: a che punto sei col nuovo romanzo, quello ambientato nella Cagliari del 1600?”

Ho finito di scriverlo pochi mesi fa. Certo, all'inizio non è stato facile documentarmi su un periodo certo molto interessante, ma che però...”

Va bene, ma ora scusami. Devo andare, devo proprio andare. Comunque, buon Natale a te ed a tutti quelli che ti leggono!”

Buon Natale anche a te e quindi anche a me, I.I.!”