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lunedì 2 luglio 2007

Per un’uscita definitiva dal terrorismo islamico

Circa 2 mesi fa sul quotidiano Liberazione ho letto che il fondatore della jihad egiziana Sayed Abdul al Sharif, uno dei primi ideologi di Al Qaida starebbe per sconfessarla poiché con l’uccidere dei musulmani avrebbe tradito i principi guida dell’Islam. Egli (noto anche come Imam Fadl) insieme ad Abdul Aziz al Jamal, portavoce dei talebani fino al 2001, sta così avviando una revisione ideologica che avendo successo, salverebbe tante nuove possibili vittime. Sharif è detenuto in un carcere egiziano, su di lui pende una condanna a morte. Presto in un documento che sarà sottoscritto da altri detenuti della jihad egiziana spiegherà la sua visione; pare che certi starebbero già girando per le carceri egiziane per convincere altri detenuti a raccogliere adesioni.
Accolgo la notizia con gioia; ma essa va anche vagliata criticamente. Quando ci nasce un figlio la gioia ci travolge, però vogliamo sapere come stiano lui e la madre, se il parto sia andato bene ecc. Non smettiamo di ragionare neanche nella gioia. Essere informati sulla salute della madre e del bimbo ci rende anzi più consapevoli della bellezza dell’evento e rende quella gioia più piena. Ora, nell’analizzare la notizia citata mi chiedo: chi rivede certi tragici errori non poteva pensarci prima, risparmiando tante vite? Eppure, chi vuol riparare (benché con grave e colpevole ritardo) evita di commettere nuovo male.
Del resto, per i competenti una certa idea di jihad è del tutto estranea al Corano. Sì, ormai jihad pare sinonimo di guerra santa o di terrorismo su base religiosa, ma il termine significa “sforzo” su se stessi, resistenza contro le tentazioni e la seduzione del male. Il vero significato è quindi morale-religioso, esclude ricorsi alla violenza. Infatti nelll’XI sec. il pio e dotto Al Ghazali ricordava che per Maometto “il vero Combattente la Guerra Santa è colui che combatte le sue passioni.” Dopo i musulmani utilizzarono il termine in questione come richiamo alla guerra per difendere Maometto da minacce e persecuzioni che subiva dagli abitanti della Mecca; poi per difendersi da cristiani come i crociati… come cristiano provo orrore per i massacri da essi commessi durante la presa di Gerusalemme (I crociata).
Ma penso che questo uso di jihad, utile a fini di mobilitazione verso aggressori armati, si allontanasse già da allora dal Corano. In Esso si dice che chi cadrà combattendo sulla via di Dio otterrà il Paradiso: ma “combattere” non può essere inteso in senso militare bensì religioso. Il primo nemico da combattere si annida in noi stessi; così è ipocrisia credere che nonostante una condotta morale lontana dal Bene, il morire nel corso d’azioni militari frutti il Paradiso. Sempre per Al Ghazali, Maometto condannava ciò. Ed il Corano condanna anche il suicidio.
Insomma, al jihad religioso si sono sovrapposti significati storico-politici: ma i musulmani avrebbero dovuto rivendicare il diritto all’autodifesa, storicamente esercitato da ogni popolo. Io riconosco a chiunque si trovi in condizioni di intollerabile oppressione il diritto alla resistenza anche armata. Ma le armi non devono colpire innocenti né essere rivolte contro se stessi. Chi combatte deve farlo da soldato o da guerrigliero, non da odiatore di Dio e degli uomini. E chi ora rivede certe posizioni, deve riconoscere che è stato tradimento dell’Islam anche uccidere degli innocenti non musulmani; il Corano non prescrive neanche questo.

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