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martedì 23 dicembre 2008







Riguardo al Natale ho sentimenti e sensazioni contrastanti. Da una parte è un festa ed un periodo dell’anno che amo molto, benché non sappia definire il motivo in modo logico.
Il più ovvio consiste nel fatto che il periodo in questione coincide di solito con quello che insieme alle ferie d’agosto, regala a mia moglie un po’ di tempo libero. Certo, ci sarà senz’altro chi ne ha di meno, ma poiché mi mujer è la sola che ho (di questo sono piuttosto contento e spero lo sia anche lei) penso soprattutto ai giorni che possiamo trascorrere senza stress di sveglie, piccoli Sioux da accompagnare e riprendere da scuola, asilo e palestra entro e non oltre una cert’ora, pasti “ingombrati” da preoccupazioni lavorative ecc.
Del resto, quando (come il sottoscritto) si lavora a singhiozzo ed in più si scrive, talvolta ci si può trovare su una lunghezza d’onda differente da quella della propria signora; il che difficilmente è un bene.
Comunque mi piace anche (sarà il lato infantile che sopravvive in qualcuno dei miei cassetti affettivi o mentali) sentire la musica degli zampognari. O forse, degli zampognari mi piacciono i calzettoni: Cagliari è una città umidissima perciò ai natalizi musicanti invidio i rustici ma confortanti calzettoni.
Vedo già il titolo su qualche Bollettino neo-esistenzialista della Sardegna: “Nostro collega adesca zampognari, li illude con fallaci promesse di facili guadagni come gruppo-spalla della sua rock-blues band (peraltro scioltasi 20 anni fa), li costringe a ripetuti festini a base di vino ed insalate di tonno in scatola e pomodori, poi ruba loro i calzettoni; molti dei quali, usati.”
Ma il periodo natalizio mi dà anche della malinconia: mi fa pensare più del solito oltre che a mio padre, anche al mio amico Maurizio, vero blood brother (fratello di sangue) che più o meno in questo periodo andò ad esplorare nuove prospettive di lotta e di vagabondaggio.
Penso a loro quando in Bobby Jean ed in No surrender Springsteen canta: "Ce ne andavamo camminando sotto la pioggia e parlavamo del dolore/ che nascondevamo al mondo."; penso davvero a loro quando lui dice: “I visi giovani si fanno tristi e vecchi/ ed i cuori di fuoco diventano freddi.”
Ma ora stop alle malinconie: sto per scendere dal bus, destination bibliotheque, obiettivo Le ore di Michael Cunningham: ne ho sentito parlare su un blog e voglio vedere se merita d’essere omaggiato dai miei occhietti angelici e benedicenti.
In ogni caso, tanti auguri a tutti e a tutte!
P.S: gli zampognari stanno scappando a migliaia…



sabato 20 dicembre 2008

La mia, personalissima, hit parade


Odio radermi e pettinarmi. Ma lo faccio, anche se mi rado… di rado. Comunque lo faccio più che altro per smentire certe ipotesi di recente formulate a “Superquark”: cioè che sarei 1) l’anello mancante nella linea evolutiva; 2) una via di mezzo tra un porcospino ed uno spaventapasseri. Solo per questo, mi infliggo il duplice tormento pettine-rasoio.
Odio anche l’umido, tranne quando si parla di anguille in umido (che mia nonna chiamava, mi pare, ziminu). Vedete, l’umido è molto peggio del freddo; puoi coprirti quanto vuoi, ma col cavolo che passa! Non passa neanche col formaggio. Ci vorrebbe del vino o dell’acquavite ma poi chi lo sente, il fegato?
L’alternativa che ho proposto a me stesso (ogni tanto mi chiedo consiglio) consiste nel bere cose molto calde e benché non sia astemio, non alcoliche e nel lavarmi con acqua bollente. Dopo che esce dal bagno il sottoscritto, ci vuole il faro antinebbia.
Spregio “Paperissima”: la trovo crudeluccia, con tutti quei bambini che si schiantano a terra.
Mi dispiace molto non vedere più on stage talenti veri come Alice: è, penso, la sola persona che nel cantare Prospettiva Nevski regga il confronto con Battiato.
Non sopporto le risate in studio né i comici che ridono durante le loro gags; Totò è stato il Socrate della comicità, ma forse non commetteva certe gaffes. Posso perdonare solo Proietti e talvolta, Benigni.
Non sopporto che mi si metta fretta: penso che per combinare qualcosa si debba ponderare con calma. Ma non sono a favore dell'ozio. Mai. Per limitarci alla questione-arte, ho conosciuto tanti che lavoravano ad un'infinità di racconti, romanzi, pièces teatrali ecc. e non hanno terminato niente di tutto questo. Avevano fretta. Così non si soffermavano sulle cose con calma e scavando finchè dovevano.
Mi fanno ridere i: palestrati; le gattine; quelli che parlano solo di calcio (ma non ci giocano mai); quelli che venerano i pc; quei medici ed avvocati e sono tanti a cui devi chiedere la traduzione.
Mi lasciano esterrefatto i librai che non sanno niente di libri.
Non sopporto chi va allo stadio per distruggere quello ed i tifosi avversari; quand’ero ragazzino, la partita era una festa, non un party tra serial killers.

martedì 16 dicembre 2008

Come Charlot col cagnolino


Per me lo scrivere è legato a qualcosa che precede la lettura e la scrittura; un fatto primordiale, se vogliamo. Chi mi conosce potrebbe (con un misto di malizia e di affetto) confermare questa affermazione e vedere nella mia passione per la scrittura un che di animale o di pre-umano.
Ohi, ora che ci penso qualcuno potrebbe dir questo (ma accantonando l’affetto) anche per altri lati della mia vita che non riguardano la scrittura. Meglio sorvolare...
Bene, già prima che diventassi ‘sto lupo mannaro che si nutre di carta & inchiostro, mi piaceva ascoltare. Chi ascolta sente e talvolta, capisce. E magari, di quello che sente, coglie degli aspetti che trova interessanti; a me interessavano anche cose che non capivo.
Vedete, da piccolo trascorrevo le vacanze con la famiglia a Carloforte, il paese di mio padre. Circa un’ora d’auto da Cagliari a Portoscuso, poi 40 minuti di traghetto e dall’isola de Sardynia eccoci su quella di S. Pietro: un’isola nell’isola e… liguroparlante. Nessun poliglotta, a casa mia, ma mi piaceva sentire: a Cagliari il sardo parlato dai miei nonni, dai miei genitori l’italiano ed a C’ forte il dialetto ligure.
Quando, con molta fatica iniziai ad intrufolarmi nei meandri del carlofortino (u tabarkin) notai che racchiudeva uno humor fracassone ed anche quando i c’ fortini parlavano italiano, venato di malinconia, quasi chapliniano.
Infatti una delle gags di mio padre e di sua sorella, zia Maria, era dire: “Come Charlot col cagnolino.” Sì, spesso per illustrare una situazione drammatica e paradossale concludevano con quel riferimento cinematografico. Il notaio aveva perso il portafogli al ristorante; no, gli era caduto nella buca dei musicisti, a teatro; macchè, le bretelle gli si erano impigliate nelle corde del contrabbasso; nooo, era inciampato tra le gambe della nonna del prete, che l’aveva preso ad ombrellate. Insomma: “Come Charlot col cagnolino.”
Io ascoltavo e senza saperlo, iniziavo a scrivere; poco importa che scriva perlopiù storie di fantasmi, viaggi nel tempo, sbronzette ed altre cosette + o meno autobiografiche. Conta lo spirito, il fatto che certo inconsciamente creavo storie che andavano in altra direzione ma seguendo quello spartito.
20 anni dopo, da militare, ebbi tra i compagni di guardie e zanzare Mario, un ragazzo + giovane di me e tabarkin. Anche lui citava Charlot ed il cagnolino! Mario ed il tipo che lavorava in cucina mi facevano ridere molto e soprattutto M. ideava delle gags (io “lo somigliavo” a B. Keaton); per es. si piazzava gli occhiali storti o di traverso, così faceva pensare a qualche scienziato pazzo di certi film di fs di serie b. Il cuoco, invece, talvolta capitava al centralino con una cravatta di cartone, da lui confezionata.
Una volta Mario mi parlò di C’ forte, che in inverno era molto triste e dei … suicidi che in esso avvenivano. Ma quando chiesi lumi su questo ad un’altra delle mie zie, lei stranegò. Anzi, quasi mi inseguì lanciandomi contro ombrelli, mattoni, mattarelli ecc. Insomma, come Charlot col cagnolino.

martedì 9 dicembre 2008

Papillon in versione pappagalli


Ecco che cosa mi è successo pochi giorni fa, mentre ultimavo uno dei capitoli del mio nuovo libro. Come i frequentatori del blog sapranno, o almeno avranno intuito, quando sono a casa le cose che faccio spesso sono: infastidire moglie e figli; scrivere. La mattina di una settimana fa ero solo; potevo soltanto scrivere.
E mentre le mie distorte ma spero anche musicali frasi finivano di depositarsi sul foglio (penna, cervello e caffettiera fumanti) ho visto che in balcone zampettava… uno dei nostri pappagalli!
Avrete letto o visto “Papillon”, il romanzo o il film; io vidi il film, con Dustin Hoffman e Steve Mc Queen. Avrò avuto 10 anni e magari ne avrò capito poco, ma a distanza di 36 anni ho ancora di quel film buone sensazioni; l’ho rivisto anche dopo, comunque… così come “Piccolo grande uomo.”
Non credo che il nostro pappagallo abbia mai visto “Papillon” ma anch’egli, come il suo protagonista… tentò la fuga. Io dovetti lasciare il caffeinico tepore della cucina, la mia penna, i fogli, la radio e correre in balcone a bloccare il gallopappa. Veloce consulto telefonico con my woman: codice rosso, stoppare el papp con un secchio.
Intanto, là fuori il sole scompare ed inizia a piovere, tirare vento ed io, come Gesù Bambino, al freddo ed al gelo; ma con minore bontà. Immaginavo già che dal palazzo di fronte si sarebbe affacciata la tipa del provveditorato, sapevo che la donna che io (tra me e me) chiamo “Signora Comma xy bis”, avrebbe sibilato: “Pro-fes-so-re! Ma che fa, alla sua età si mette a tormentare le bestiole? E 2 anni fa ha anche sbagliato un codice di una scuola su 30!”
Il giardiniere, piuttosto sarcastico: “Non lo chiami “professore”, signora: non ha una cattedra perché lui le brucia per via del freddo, quel rammollito!”
Il postino, estraendo la fionda d’ordinanza: “Lasci in pace quel povero pappagallo, è un collega dell’ufficio reclami… è un uomo che lavora anche se tecnicamente, non è un essere umano.”
Intanto, pioggia e vento aumentavano ed io, sempre più al freddo ed al gelo. Comunque tenevo il pennuto all’angolo, entrambi svolazzavamo di qua e di là, ma la sua fuga da Ucchedduraz rimaneva un sogno.
Poi arrivò la femme che dopo aver presentato al pappagaho un modulo prestampato, lo convinse a desistere. Tutto bene, quindi. Ma io vedevo e sentivo i condomini ridacchiare, dietro le tendine delle finestre. E la Signora Comma ecc., ero sicuro che stesse affilando la stilografica…