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martedì 21 giugno 2011

La rivista “Coloris de limbas”


E’ uscito da poco il 1° numero della rivista semestrale di letteratura, arti visive, società ed attualità Coloris de Limbas, titolo che può essere tradotto con “Colori di (o delle) lingue"; infatti essa contiene contributi in italiano, sardo, castigliano, inglese e portoghese.
I testi non in lingua italiana sono comunque tradotti appunto nella lingua di Dante e trovo questo approccio multilinguistico davvero interessante: esso permette l’incontro tra uomini e donne che appartengono a culture tra loro anche molto diverse.
Del resto, tale approccio si collega alla storia di una città, Cagliari, che si è sempre trovata “tra” varie civiltà: fenicia, cartaginese, romana, araba, spagnola, pisana, genovese ecc. E considero lingue, sistemi di valori etici, sociali e così via dei ponti tra gli esseri umani.
Entrando nel… vivo della rivista, devo dire che ho trovato davvero valido pressoché ogni “pezzo” (articolo, racconto, poesia o disegno) da me finora visto.
Vari Autori o Autrici hanno toccato temi o atmosfere a me molto vicini: per es. la tragedia dei desaparecidos1 o quella dei migranti e dei minatori di Marcinelle, in Belgio2, laddove in un incidente morirono 262 minatori di varie nazionalità (ma la maggior parte italiani).
Trovo a me molto vicino anche l’articolo, dall’impostazione storico-saggistica di Nicoletta Lampis sul cimitero monumentale di Bonaria, a Cagliari3. Vicino perché anche su di me un luogo come quello ha sempre esercitato un certo fascino e perché visitare un cimitero (benché certo non costituisca un divertimento) non mi turba. Tra quei vialetti penso più del solito ai miei amici ed ai parenti scomparsi e mi sento in pace se non con me stesso, almeno con loro.
E quel che più conta, l’articolo di Nicoletta è animato da un tono di dolente pietas per le sfortunate donne che morirono giovani e nello stesso tempo, è sostenuto da una documentazione seria, rigorosa.
In Coloris troviamo poi un racconto di Alessandro Serra4 che si svolge proprio nel mio vecchio liceo… e prendete alla lettera il riferimento alla vecchiaia: quando il sottoscritto frequentava il liceo, aveva come compagno di banco il celebre Noè.
Ma tornando seri, c’è qualcosa di molto inquietante nella storia della passione frustrata della bidella per il professore di storia dell’arte che somigliava a Mastroianni; è una storia che potrebbe succedere e forse succede e comunque, quanti amori sono destinati a rimanere nel limbo della solitudine o sprofondano nell’inferno della follia?
Bene, il trait d’union della rivista, ciò che accomuna i vari “pezzi” consiste in una certa capacità visiva che ricorda quel che diceva Socrate, per il quale “un poeta, per essere veramente tale, deve scrivere per immagini e non per deduzioni logiche.”5
Dirò di più: il poeta non può far altro che uscire fuori di sé; in una sua canzone Van Morrison esorta così il poeta inglese del ‘600 John Donne: “Rave on, John Donne” cioè delira, vaneggia, John Donne.
Del resto uno ben poco incline ai vaneggiamenti come Kant disse: “Nessun Omero o Wieland potrebbe mostrare come si siano prodotte e combinate nella sua testa le sue idee, ricche di fantasia e dense di pensiero, perché non lo sa egli stesso, e non può quindi insegnarlo agli altri.”6
Comunque non è detto che la visività, che può anche essere intesa come visionarietà sia poi lontana dalla realtà: per es. nel pezzo di Annalisa Puddu7 assistiamo all’assopirsi (o alla morte?) del vecchio minatore che descrive i suoi “polmoni” come se fossero “di gesso” o di “carbone”: un riferimento forse questo alle malattie dei minatori o anche al trasformarsi il minatore nell’ambiente in cui ha lavorato e penato per tanto tempo.
Questi versi di Annalisa mi ricordano, ma con una forte dose di amarezza in più un canto indiano in cui un artigiano che sta costruendo un’ascia dice: “Io sono l’ascia,/ io sto fabbricando me stesso./ Noi due siamo una cosa.”8
Tuttavia quel pellerossa esprime gioia per la creazione del suo utensile fino ad identificarsi con esso; il minatore sardo (forse il padre di Annalisa?) manifesta un doloroso stupore nel vedersi diventare i materiali contro i quali ha combattuto per tutta la vita.
Eppure qualcosa consola quest’uomo quando dice: “Reclino la testa, è la mia prima volta. Il viaggio comincia, e sono farfalla.”9 Il riposo del minatore diventa leggero come non è mai stato e ricorda quanto disse nel VI sec. il cinese Lao Tzu sul vecchio che sognava d’essere diventato una farfalla.10
N.b: la rivista intende l’arte oltre che come creazione di opere appunto artistiche, anche come “liberazione dal disagio esistenziale”11 ed in effetti anche da quello sociale. Del resto, il bluesman John Lee Hooker è stato chiamato the healer, il guaritore: a testimonianza di come la musica possa guarire (secondo convinzioni mi(s)tiche e poetiche nel senso più alto del termine) dal dolore.
E già l’Aristotele della Poetica parlava della tragedia e della musica come catarsi, purificazione o cura dalle emozioni spiacevoli.
Nel film di Norman Jewison Hurricane sul pugile Rubin “Hurricane” Carter, ingiustamente condannato per omicidio, Rubin riesce a controllare la sua ira e la sua frustrazione attraverso la lettura e la scrittura; tutto ciò indica a Carter un senso ed una strada ben diversi da quelli che poteva trovare sul ring.12
Bene, mi sono dilungato parecchio ma se leggerete Coloris vedrete che lo meritava!

Note

1) Simonetta Murtas, Nunca màs. Le atrocità della dittatura argentina nelle parole di una giovane sarda, pp.30-32; Gianni Mascia, Plazas de Mayo, pp.33-34, testi di G. Mascia illustrazioni di Ferdinando Sanna, trad. dall’italiano al sardo di Gian Gavino Irde.
2) Eliano Cau, Animas affartadas, pp.55-56. La traduzione proposta dalla rivista rende “Animas affartadas” con “anime tristi.”
3) N. Lampis, Quel primissimo fior della vita. Suggestioni leopardiane nel Cimitero monumentale di Bonaria, pp.47-54.
4) A. Serra, L’amore e l’odio, pp.69-72.
5) Platone, Fedone, Garzanti, Milano, 1980, IV, p.77.
6) I. Kant, Critica del giudizio, Laterza, Roma-Bari, 1982, p.168. Ma Socrate anticipò forse Kant dicendo che “i poeti componevano le loro opere non facendo uso del loro cervello ma per una certa disposizione naturale, per una sorta di ispirazione, come gli indovini e i profeti.” Platone, Apologia di Socrate, Garzanti, Milano, 1980, VII, pp.11-12.
7) A. Puddu, La miniera, pp.57-59.
8) 49 Canti degli indiani d’America, Mondatori, Milano, 1997, p.25.
9) A. Puddu, op. cit., p.59.
10) Purtroppo, non avendo sottomano il testo di Lao Tzu cito a memoria. Ma la canzone di Branduardi Il vecchio e la farfalla, contenuta ne Alla fiera dell’Est mi sembra abbastanza vicina allo spirito del Cinese; cfr. A. Branduardi, Canzoni, a c. di Giampiero Comolli, Latoside editori, Roma, 1979, pp.106-107.
11) Gianni Mascia e Coloris de Limbas, Editoriale, p.1.
12) Su Carter Bob Dylan scrisse la famosa Hurricane, contenuta nel lp del 1975 Desire.