venerdì 14 febbraio 2014
Cinema: ieri ed oggi
Per me un bel film ti accompagna
anche dopo averlo visto.
Sì, forse
possiamo dir questo anche dopo aver ascoltato un certo disco, gruppo
o dopo aver letto un buon libro.
Probabilmente
possiamo fare un discorso simile anche per la filosofia.
Ma
sempre secondo me, il cinema ed un bel film ci
accompagnano con più forza e persuasione.
Forse perché quel
determinato film ci trasmette
l'illusione della
vita, i personaggi che si muovono sullo schermo sembra che si trovino
nella vita reale, i loro sentimenti e le loro passioni acquistano un
rilievo che supera la
finzione. In apparenza,
certo: perché un film non è la vita reale.
D'altronde
non lo è neanche un romanzo come Delitto e castigo di
Dostoevskij... eppure sembra che da quelle pagine Raskolnikov possa
saltar fuori da un momento all'altro: magari con la scure da cui
gocciola il sangue dell'usuraia e quello di sua sorella!
Che per il
suo Shining Kubrick si
sia ispirato proprio all'eroe dostoevskiano?
Comunque
il cinema (e l'arte in generale) ci sembra reale quando
è verosimile:
insomma, tutto deve esser rappresentato in modo naturale...
Ricordate
gli sketches che ironizzavano sulla frase: “Mangia
qualcosa, Pedro; Pedro, perché non mangi qualcosa?”
Ora, talvolta
diciamo anche noi al Pedro (o al Mario, alla Lucia ecc.) frasi
simili; la situazione è abbastanza frequente. Situazione che forse
qualcuno vorrebbe risolvere ficcando in bocca a Pedro un imbuto per
nutrirlo a forza, ma questo è un altro discorso.
Il
nostro discorso è
convincere quell'ingrato di Pedro, Tom o Karl a mangiare... facendo
sembrare quell'invito del tutto naturale. Antonio, Mary, Jean-Claude
e Suzie Wong sono davvero preoccupati per
il deperimento organico di questo maledettissimo Pedro, accidenti a
lui!
Ma perchè non mangia, ma che
ha?! Frank ha cucinato per lui
tutto il santo giorno, non è neanche andato a Wall Street per
giocare in Borsa... ed aveva anche lo zainetto nuovo! Ma
che mangi almeno le crocchette di patate cucinategli dalla nonna di
Luca Brasi, dopo tutta la fatica che ha fatto per ottenere un'ora di
permesso dal Padrino...
Insomma, avete
capito. Ora andiamo avanti.
Ah, ma prima
ringrazio: Antonio Banderas, Jean-Claude Van Damme, Tom Cruise, Suzie
Wong, Luca Brasi, sua nonna, il Padrino, Kubrick e Jack Nicholson: un
po' d'educazione, altrimenti dove andiamo a finire?
Bene, secondo
me al cinema è molto importante la sala. Sì, ormai esistono
le multisale. Eppure datemi pure del vecchiaccio romantico, ma a
me le sale d'una volta piacevano! Certo, spesso i sedili erano in
legno e dovevano risalire agli anni '40 o '50; le poltrone delle
multisale sono molto più comode.
Quei sedili
non erano (come le poltrone multisaliche) sistemate in ordine
decrescente: bastava che davanti a te sedesse una persona leggermente
più alta di una spiga nana, perché il film te lo dovessi
letteralmente sognare.
Spesso la
gente fumava oppure entrava in sala a film già iniziato, talvolta i
bagni erano come le latrine della fanteria di Attila.
Ma
quelle sale
presentavano anche dei vantaggi: si faceva la sosta tra il 1° ed il
2° tempo, durante la quale potevi andare in bagno e/o portarci i
bambini, bere o mangiare qualcosa, sgranchirti le gambe e scambiare
con la bella o con gli amici un parere sul film.
Finita
la proiezione, potevi restare in sala a rivedere il
film tutte le volte che volevi. Tanti artisti hanno trovato la loro
strada proprio in certe vecchie, scalcinatissime sale.
So che ora mi
domanderete: “Ma tu rivorresti quelle sale?”
Be', di questo
riparleremo... sapete, ho Pedro che sta litigando con Ratatouille per
una questione di melanzane: non vorrei che ci scappasse il morto! Ed
un topo morto, benché cuoco, non sarebbe esattamente il massimo.
Alla prossima!
sabato 8 febbraio 2014
La discussione filosofica (14/a parte)
Ecco quali sono per me i due
“grandissimi pericoli” cui accennavo nella 13/a parte; si tratta
di pericoli tra loro molto diversi ma che in fondo sortiscono lo
stesso effetto.
Il primo:
l'eccesso di critica.
Il secondo:
non l'assoluta mancanza di
critica quanto una radicale sfiducia verso
la filosofia. Così non è che alcuni decidano di non
esercitare più il proprio senso
critico; lo esercitano... ma contro la filosofia.
Tuttavia,
come abbiamo visto nella 12/a parte, questo non è possibile né
desiderabile: equivale a filosofare sul rifiuto della
filosofia e del ragionamento in generale... che significa comunque
filosofare.
Spesso
si ritiene che in filosofia si proceda polemizzando con tutti,
talvolta anche denigrandoli; oppure esaltando sé stessi.
Come abbiamo visto nella 1/a parte, spesso questo errore è stato
commesso anche da grandi filosofi.
Per
me, qui scattano motivazioni legate più che al ragionamento,
a questioni di tipo personale, di carriera o anche volgarmente
economiche. Il caso delle invettive lanciate da Schopenhauer
(alle cui lezioni per molto
tempo non assisteva quasi nessuno) verso Hegel ed il suo sistema è
tipico... né purtroppo, isolato.1
Il
pericolo consistente in tale eccesso di
critica (spesso non sostenuto da validi contro-ragionamenti) trova
uno dei suoi esempi più eclatanti per es. nel XII secolo, nel modo
in cui S. Bernardo attaccò
Abelardo. Bernardo, infatti,
scrisse: “Noi siamo come guerrieri che
vivono accampati sotto una tenda o cercando di conquistare il cielo
con la violenza.”2
Ora,
per un uomo che aveva questa visione
della vita religiosa e dell'attività filosofica, con l'avversario
non si discuteva: lo si schiacciava. Circa poi chi leggesse opere di
Abelardo come la Teologia ed
il Conosci te stesso,
Bernardo sentenzia: “Sia chiusa per sempre la bocca di
chi parla male.”3
In
una visione sul piano letterario peraltro piuttosto suggestiva,
Bernardo definisce un allievo di Abelardo come Arnaldo da Brescia,
suo “armigero” ed inoltre “serpente”
che appunto ad Abelardo “si unisce squama a squama”4
C'è in effetti qualcosa di inquietante ma che colpisce, stimola la
fantasia nell'immagine di questo bi-uomo
che per la ”pretesa” di spiegare in termini umani quelle che
Bernardo chiama “le cose divine”, finisce per essere abbassato
dal suo avversario alla condizione del rettile...
animale spregevole che spregevolmente striscia per terra, si confonde
nello sporco o comunque si nasconde per poi attaccare.
Del
resto, fin dal libro della Genesi il
Serpente rappresenta
il Diavolo: quello che
stando alla tradizione cristiana ed all'etimo greco sarebbe il
Diàbolos cioè il
calunniatore. Il
Malvagio, colui che accusa su
basi del tutto false sia Dio che l'uomo.
Ed
a chi parla così si può forse rispondere? Mai! Infatti Bernardo
tuona: “Non sarebbe più giusto colpire e frustare una
bocca che parla così, piuttosto
che ribattere con argomenti?5
Inoltre,
la tradizione ebraica vede in Satana colui
che: “Compie tre funzioni: seduce gli uomini, li accusa dinanzi a
Dio, e infligge la pena di morte”; altra sua funzione consiste nel
“seminare discordia sulla terra.”6
Ora,
per Bernardo, un uomo che come Abelardo era dotato di “diabolica”
abilità nell'arte della discussione, incarnava in pieno
il perverso ideale satanico. Dal punto di vista di Bernardo si poteva
anche affermare che la filosofia di Abelardo seminasse intollerabile spirito di
divisione, di discordia ecc..; ragionare equivaleva per l'avversario del Bretone a
sragionare... o a
bestemmiare.
Infatti
nella sua Etica Abelardo
contestava alla Chiesa il diritto di “sciogliere e legare” (cioè
assolvere e condannare) dai peccati; in fondo, egli contestava anche
il diritto di ricorrere essa alla scomunica.
Per Abelardo la Chiesa aveva
quei diritti solo a patto che i prelati fossero dotati di specchiate
qualità morali e religiose.7
Certo
qui il Nostro si manteneva su un terreno prevalentemente
filosofico-teologico. Ma il suo allievo Arnaldo da Brescia trasse
dagli insegnamenti del maestro conseguenze anche politiche
se dichiarò con nettezza: ”I chierici che
hanno proprietà, i vescovi che hanno diritti sulle cose (regalia),
i monaci che posseggono la terra non possono salvarsi.”8
Fautore
di una Chiesa povera per i poveri, Arnaldo “abate a Brescia aveva
sollevato il popolo contro il vescovo corrotto.”9 Ed a Roma, dove
sostenne con forza un movimento popolare-comunale che si opponeva al
papa, fu condannato a morte (1155). La motivazione ufficiale della
condanna fu l'esser stato egli ereticus10
ma a mio avviso i reali motivi
furono più che di tipo teologico o religioso, di tipo invece
politico-sociale.
Insomma,
da quanto detto sinora emerge come talvolta, nella discussione
filosofica alcuni puntino a
demonizzare l'avversario. E' quel che Gramsci scorgeva e denunciava
nel Manuale di sociologia popolare di
Bucharin: “Nel Saggio si
giudica il passato come 'irrazionale' e 'mostruoso' e la storia della
filosofia diventa un trattato di teratologia.”11
Teratologia significa
“discorso sui mostri”: l'avversario filosofico diventa così un
essere a cui per definizione non
si può né si deve dar credito; coi mostri non si discute, semmai li
si scaccia. Tutto ciò che non rientra nella nostra
filosofia è così
tranquillamente scartato perché considerato al di fuori di qualsiasi
dimensione sociale e razionale.
Ovviamente
questa soluzione è molto comoda perché ci esenta dalla fatica del
ragionamento! Ma tale “soluzione” fa sprofondare anche noi nel
pericolo della teratologia;
non ragionando, infatti, diventiamo noi stessi gli
ipotetici mostri che
condannavamo.
C'è
ancora molto altro da dire sia per quanto riguarda il 1°
pericolo (eccesso di
critica) sia per quanto riguarda il 2° (assoluta
mancanza); ma non vorrei mettere
troppa carne al fuoco. Alla prossima, quindi. Volta, non carne.
Note
1
Sul “caso” Hegel-Schopenhauer cfr. la 1/a parte della presente
Discussione dove
ricordo che il 2° definì il pensiero hegeliano “una buffonata
filosofica”; soprattutto cfr. Nicola Abbagnano, Storia
della filosofia, Utet, Torino, 1979, vol. III, p.141.
2
Maria Teresa Fumagalli Beonio Brocchieri, Eloisa e
Abelardo, Mondadori
“Oscar”, Milano, 1987, p.167.
I corsivi sono miei.
3
Maria Teresa F. B. Brocchieri, Eloisa e Abelardo, op.
cit., p.168.
Il corsivo è mio.
4
Id., Storia della filosofia medievale. Da Boezio a Wyclif,
Laterza, Roma-Bari, 1989, p.190.
I corsivi sono miei.
5
Id., Eloisa e Abelardo, op.
cit., p.177.
Il corsivo è mio.
6
Dr. A. Cohen, Il Talmud (1935),
Laterza, Bari, 1989, p.86.
7
Pietro Abelardo, Etica o conosci te stesso, La Nuova
Italia, Firenze, 1976, pp.107-121
e spec. pp.112-113.
8
Maria Teresa Fumagalli Beonio Brocchieri, Storia della
filosofia medievale, op.
cit., p.191.
In latino nel testo.
9
Ibid., p.190.
10
Ibid, p.191.
11
Antonio Gramsci, Quaderni del carcere (1975),
Edizione critica dell'Istituto
Gramsci, a cura di Valentino Gerratana, Einaudi, Torino,
2007, p.1417.
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